Ben lievitata, bordo alto (altrimenti detto cornicione), farcitura classica. Più rigorosa di un disciplinare europeo, la descrizione appartiene al nostro presidente della Repubblica. La pizza napoletana e la pizza Napolitano sono una cosa sola, si sovrappongono perfettamente e ci regalano un sospiro di sollievo dopo tanti turbamenti internazionali. Prima la rivendicazione, poi il grido di dolore: «Per favore, non cambiate la pizza, che è quella che si fa a Napoli, non certo quella che si mangia a Roma, sottile e friabile».
A ricevere le scherzose raccomandazioni del presidente, ieri mattina al Quirinale, il decano degli chef italiani, Gualtiero Marchesi, quasi ottant´anni portati gagliardamente, accompagnato da un altro maestro dell´alta cucina, Antonello Colonna, e da Stefano Bonilli, fondatore del Gambero Rosso. La magnifica icona della nostra tavola finisce al centro di discorso istituzionale, non ci pare vero. E meno male che il presidente è Napolitano verace, e non si è lasciato traviare dai cibi destrutturati e dalla cucina molecolare. Colonna, che ha raccontato l´incontro, riferisce della competenza del presidente e della sua consapevolezza che la gastronomia italiana ha fatto la rivoluzione dopo gli anni Settanta proprio grazie agli chef. I nostri prodotti oggi sono famosi all´estero, i vini italiani superano quelli francesi, la cucina mediterranea trionfa in tutto il mondo. Presidente, margherita o marinara? Gli chef hanno dimenticato di chiederglielo, noi teniamo a saperlo perchè le fazioni pizzesche sono da sempre due e ci piace aggiornare la statistica. Presidente, la mangiava anche lei la pizza «a libretto»? Piegata velocemente e addentata in strada mentre l´olio gocciola sui lati e il pomodoro schizza via macchiando i pantaloni, che godimento. Non c´era pizza, ieri sera, alla festa organizzata in onore di Marchesi all´Open Colonna di Palazzo delle Esposizioni. Gli chef suoi allievi si sono esibiti in un atto unico, un menu capovolto partito con carrè di vitello arrosto, poi frutta e verdure marinate, poi misto di pesche, mango e mousse di mandorle, infine pasta cacio e pepe. È uno dei teoremi del grande Gualtiero: la ripartizione tradizionale non esiste, esistono solo i sapori e le suggestioni del gusto. Ieri c´erano Michel Magada, Michele Crippa, Paolo Lopriore, Ernst Knam e Marco Soldati. Un gala per ricordare anche la nomina di Marchesi, da parte del neoministro Brambilla, a presidente della Commissione agroalimentare del turismo.
Santa Di Salvo
giovedì 14 maggio 2009