"Io, l'ultimo Brandi, morirò col segreto della Margherita"
Per correttezza di informazione pubblichiamo:

LA STAMPA 11/06/2009
DA CHIAMBRETTI IL PIZZAIOLO UNICO EREDE DELLA DINASTIA.

TIZIANA PLATZER - TORINO
Come s'ingegnano solo i bambini, lui lo aveva trovato il gioco che lo facesse sentire grande. Prendeva i fogli bianchi dalle cartelle di scuola dei fratelli, li stendeva sul battipanni e poi li "infornava" nei mobili della cucina. Qualche minuto e la pizza era cotta. Solo qualche anno dopo, non staccando mai gli occhi dal padre mentre dal forno della pizzeria di famiglia spediva ai tavoli quelle considerate fra le migliori margherite di Napoli, avrebbe scoperto che il tempo perfetto di cottura era un minuto e mezzo.
Poteva essere pura e momentanea emulazione paterna, ma non nel caso di Aldo Brandi, cresciuto assieme ai suoi dieci fratelli con le orecchie tese a una sola, strepitosa favola famigliare: il prozio Raffaele Esposito Brandi fu colui che nel 1899 fece assaggiare per la prima volta alla regina Margherita di Savoia il tradizionale disco di pasta partenopeo.
Il pizzaiolo, figlio "di padre ignoto", doveva il suo cognome alla zia del padre di Aldo Brandi, Maria Giovanna Brandi, e da quell´unione si aprì la storica dinastia della pizza margherita. Che domani festeggia 120 anni. E colmo dei colmi: a Napoli, oltre a una grande festa di piazza a suon di tranci, un corteo raggiungerà il locale che porta ancora il nome "Brandi", eppure davanti a quel forno, di Brandi autentici non ce ne sono più da un pezzo. L´ultimo discendente vive e lavora a Torino.
Lo hanno portato via dalla sua pizzeria in zona Capodimonte Piero Chiambretti e i fratelli Ferrari, quando decisero di aprire il loro "Fratelli La Cozza". "Era la fine del 1997. Io adoro la pizza, e fino ad allora mi ero sempre chiesto perché le pizzerie dovessero essere locali di serie B, angusti, retrò" racconta Chiambretti, distratto dalla margherita con il cuore di basilico che Brandi ha appena lasciato sul tavolo, ma è a dieta e faticosamente guarda altrove. "Soprattutto: perché noi torinesi non potevamo gustarci la pizza napoletana? Qui non esisteva, con quel bordo morbido che scende appena lo schiacci con il coltello".
La spedizione venne guidata dai consigli di Bassolino, allora Sindaco di Napoli che gli presentò il presidente della "Associazione Vera Pizza Napoletana": "Gli chiesi i nomi dei tre migliori pizzaioli di Napoli. Uno era Aldo, referenze altissime. Ci presentammo nel suo locale una sera alle dieci, gli prospettammo il progetto, una settimana dopo lui, famiglia e mozzarelle erano qui".
Colpo di fortuna, perché a Brandi erano già arrivate offerte per trasferirsi in Australia, a New York: cioè, meglio Torino che New York? "No. Non me ne sarei mai andato da Napoli" dice lui mostrando orgogliosamente il camiciotto bianco d´ordinanza che sulla schiena ha la scritta rossa "Brandi sono io". "Una vecchia polemica con chi ha rilevato negli Anni Sessanta la pizzeria di mio cugino Pasquale e che per molto tempo si è spacciato per noi. Comunque, la decisione la presi perché con il mio locale, sempre pieno, ho avuto problemi con la camorra. La famiglia sotto scorta, la paura di vendette trasversali sui miei fratelli, non volevo rischiare. Abbiamo preso al volo l´occasione di Chiambretti".
Oggi ha 59 anni, la moglie Michela lavora come cuoca e pasticciera in un ristorante cittadino, i figli Pasquale, 22 anni, e Nunzio, 19, li ha sempre accanto perché impiegati al Basic Village, e la maggiore, Stefania, è dipendente della catena di abbigliamento "H&M". Non era un altro sogno preparare pizze con loro? "Se fossimo rimasti a casa, nella nostra pizzeria, sì. Gliel'ho insegnato, come mio padre ha fatto con noi fratelli. E poi ci ha fatto studiare tutti. Per molto tempo io ho raccontato che avevo frequentato solo fino alla terza media, non avevo voglia di raccontare la mia storia. Invece sono un ragioniere arrivato al secondo anno di Economia. A otto anni avevo già deciso: avrei fatto il pizzaiolo nella vita. L´unico di noi dieci".
L'unico Brandi, via da Napoli e rimasto alle prese con la pala, i 250 gradi delle braci del forno e 200 pizze ogni giorno: e la ricetta non avrà eredi. "Non insegno a nessuno. I segreti restano in famiglia. Certo, si possono dare le quantità di acqua, sale e farina, si può dire che il lievito abbonda nei mesi invernali e svanisce quasi in quelli estivi. Io sono decenni che non peso il lievito, mi alzo la mattina, sento l'aria e decido d'istinto. Ai torinesi piace la pizza con la trevigiana, che non c'azzecca, ma li accontento. Però proprio qui ho fatto rinascere la pizza con i bianchetti, che nemmeno più a Napoli sanno che gusto abbia". E ogni giornata finisce allo stesso modo. "Con mia moglie, dopo mezzanotte, scaldiamo a casa nel forno la pizza che ho preparato. Margherita, marinara o napoletana, le uniche vere". Pierino fa un sorrisone: sono le sue preferite, e tanto la dieta finisce.
giovedì 11 giugno 2009

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